Il termine Nomofobia è composto dal prefisso abbreviato “no mobile” e dal suffisso “fobia” e si riferisce al timore ossessivo di non essere raggiungibili al cellulare quando, ad esempio, il dispositivo è lontano o quasi scarico, in assenza di rete, con credito insufficiente o in caso di furto.
Nella persona con Nomofobia l’idea di non essere rintracciabili e l’impossibilità di consultare chat e social network origina uno stato d’ansia intenso, nervosismo e stress al punto da sperimentare, nei casi più gravi, sintomi fisici come sudorazione, tachicardia, vertigini.
Il rischio è che si inneschi un meccanismo di dipendenza, del tutto analogo a una tossicodipendenza con la necessità di aumentare il dosaggio.
I ricercatori italiani descrivono alcuni campanelli d’allarme per poter individuare se si è a rischio di sviluppare questa forma di dipendenza:
- monitorare costantemente lo schermo del telefono per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate;
- controllare l’attività degli amici sui vari social network;
- avere sempre con sé uno o più caricabatterie per evitare di restare senza batteria;
- avere un dispositivo di riserva in caso di guasto;
- utilizzare lo smartphone in posti poco pertinenti come ad esempio in bagno;
- mantenere il telefono cellulare sempre acceso comprese le ore notturne;
Chi è a rischio?
Questo tipo di dipendenza non colpisce solo adolescenti e nativi digitali, ma anche le fasce d’età più alte.
Cosa si può fare? È importante costruire un rapporto equilibrato con gli strumenti tecnologici attraverso un’adeguata (e precoce!) educazione digitale, stabilendo qualche pausa e non dimenticando che la vita virtuale può rappresentare un’opportunità purché non prenda il posto di quella reale.